Esiste una branca dell’onomastica che studia i soprannomi etnici delle comunità, cioè i termini con cui loro stesse o i vicini ne designano gli appartenenti. Si tratta di termini a volte puramente descrittivi, ma spesso beffardi se non addirittura insultanti.
Nel Fondo Filippo Noberasco di Storia Patria, abbiamo rinvenuto due fogli volanti manoscritti che, per la loro completezza, suscitano sicuramente il nostro interesse. Sono senza datazione ma, quasi certamente, della prima metà del Novecento e li riportiamo riprodotti in calce.
Facciamo qualche esempio. Se gli abitanti di Savona sono nominati Ciciulè, accostati quindi ai ciciolli (sanguinacci), quelli di Osiglia sono i Castagnè; di Altare sono i Sciusciagotti (soffia bicchieri, per la loro arte vetraria); di Roccavignale, Pica-porte (bussa porte, perché dediti al commercio ambulante); di Sanremo, Schissa-limuin (estesi agrumeti cittadini); di Genova, Riso-reu (scarsa ilarità), di Pieve di Teco, Tia-pelle (calzolai).
Moltissimi non sono però così neutri perché figli di un campanilismo per niente affettuoso: gli abitanti di Albenga sono Trippe-marse; di Garessio borgo, Mangia-can; gli abitanti di Parodi, ma forse si tratta di Paroldo, Masche (streghe) e sono Strie, quelli di Vado. Per qualcun altro, decisamente greve, lasciamo spazio alla lettura del documento!