29. Toponimi del Comune di Montaldo di Mondovì

a cura di Furio Ciciliot e Mirco Tarditi

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Geografia del territorio comunale di Montaldo di Mondovì

Un contrafforte decisamente volto a salire, un prologo di quelle alte cime che coronano indiscutibilmente il tipico paesaggio alpino. Il territorio del comune di Montaldo si inizia, per chi giunge dalla valle, alla confluenza del piccolo rio Roburentello nel più corposo torrente Corsaglia, corsi d’acqua che con il loro tracciato contribuiscono a definire i limiti di una regione estesa per circa 24 Km2.

Un territorio dallo sviluppo in altitudine, se si eccettuano le non particolarmente estese zone pianeggianti che accompagnano il Corsaglia nel suo fondovalle. A causa dell’asprezza della regione, già ben documentata nei secoli trascorsi, Montaldo non presenta centri abitati di particolare rilevanza, ma la popolazione è storicamente diffusa in agglomerati di ridotta estensione, sorti sui tracciati delle primitive vie di comunicazione.

Archivio Storico Comune di Montaldo di Mondovì, Frontespizio del Catasto del 1789 (foto mt).

Isolati gruppi di case, ancor oggi individuati grazie a toponimi derivati da singoli tipi cognominali, si sono poi diffusi sul territorio in secoli più vicini a noi (principalmente fra la seconda metà del XVIII secolo e la fine del XIX), probabilmente per meglio presidiare zone di maggior interesse per lo sfruttamento delle risorse offerte dai boschi senza dover effettuare continui spostamenti su una rete viaria certamente ridotta.

Il capoluogo stesso non presenta un concentrico definito, ma viene considerato come costituito dagli abitati di Roamarenca, Roapiana, Piazza, Cantone e Roadevolpi, completato poi dalle frazioni circostanti (Sant’Anna, Villero, Deviglia, Corsaglia e Oberti).

La progressiva colonizzazione del territorio ha profondamente alterato quella che doveva essere la primitiva facies di tutta la regione, di cui abbiamo testimonianza diretta grazie alle indagini archeologiche condotte sull’altura del Castello come dalla sopravvivenza di primitivi fitotoponimi: l’antico ed intricato Bosco Nero è stato soppiantato nei secoli dalla coltivazione del castagno domestico, coltura capillarmente diffusa su tutto il territorio comunale, mentre il faggio completa la copertura arborea a quote più elevate. Qua e là spiccano i differenti cromatismi delle betulle, dei ciliegi e dei salici.

Un territorio montano, dunque, la cui relativa durezza non consente ai residenti di sviluppare agricoltura ed allevamento al pari delle pur vicine comunità della pianura. Con una percentuale notevole di estensione occupata dalla silvicoltura – ancor oggi sono numerosi i possessori di appezzamenti boschivi che si dedicano alla raccolta delle castagne – poco rimane per coltivazioni intensive, limitandone lo sfruttamento, come già nei secoli trascorsi, ad appezzamenti relativamente ristretti principalmente destinati all’autoconsumo.Dal XVIII secolo, Montaldo mette altresì all’incanto proprietà comuni situate presso le alpi Miarzè e Mezzerina, che si trovano oltre i confini di Frabosa Soprana: la prima è incuneata tra le alpi di Magliano, Monastero e Frabosa Soprana, mentre la seconda è situata tra quelle di Villanova e Frabosa Sottana.

Archivio Storico Comune di Montaldo di Mondovì. Il geometra Giovanni Agostino Ansermetti compilò il Catasto tra il 1779 ed il 1789. Nell’archivio comunale rimangono anche altri suoi documenti tecnici tra cui un registro in cui sono descritti i confini con le comunità vicine intitolato Ricognizione della linea divisionale del territorio di Montaldo 1779. Riportiamo alcune delle mappe nel testo con, dall’alto in basso, i confini con Frabosa Soprana, Roburent e Torre Mondovì (foto mt).

 

Evoluzione storica e amministrativa del territorio di Montaldo di Mondovì

Labili e frammentarie sono le testimonianze di un’età preistorica: lo sterminato oceano verde che copriva ininterrotto le primitive valli del Corsaglia e del Roburentello mantenne probabilmente a lungo il suo carattere di selva inestricabile, prima che una piccola comunità di pastori/agricoltori decidesse di insediarsi sul-l’altura oggi dominata dalle architetture della chiesa parrocchiale.

Lo scavo dell’altura del Castello ha portato alla luce, seppur gravemente danneggiate dai rimaneggiamenti succedutisi nei secoli, le strutture di un modesto abitato databile alla seconda età del Ferro (fine IV/inizio II secolo a.C.), attribuibile ad un piccolo gruppo di Ligures Montani. Il riassetto territoriale conseguente l’arrivo in zona dei Romani, vide il progressivo inserimento dei territori conquistati nel municipio di Albingaunum, e l’abbandono del primitivo insediamento.

Per almeno altri tre/quattrocento anni non vi sono dati certi o prove concrete di una stabile frequentazione del sito, seppure occasionalmente probabile: tre frammenti di epigrafi ro-mane databili  tra la fine del I secolo d.C. e la fine del IV secolo d.C. sono quanto rimane, ad oggi, a testimoniare la storia del luogo per una lunga serie di secoli.

Bisogna quindi giungere al 1041 per certificare l’ingresso di Montaldo nella storia: è in un diploma imperiale che si ha la citazione del romitorium Sancti Ambroxii quod dicitur Monsaltus, una conferma da parte dell’imperatore Enrico III dei beni spettanti al vescovo di Asti, sotto la cui giurisdizione giaceva gran parte del territorio circostante.

Ha così inizio una progressiva, costante colonizzazione del territorio con disboscamenti e coltivazioni, in parte ben testimoniate dalla documentazione superstite, che ha un’impennata intorno all’inizio del XIII secolo, con l’inserimento della coltivazione del castagno e la costruzione del castello di Montaldo.

La comunità è sparsa fra i vari insediamenti che corrispondono alle attuali roà, tutte comunque insistenti sui tracciati di antichissime vie di comunicazione ma non racchiuse in un unico borgo fortificato o protetto da mura, il tutto compreso all’interno della vasta giurisdizione del vescovato di Asti.

Montaldo di Mondovì e, sullo sfondo, Vicoforte, inizio XX secolo (collezione Roberto Chiera).

I rari documenti risalenti a queste lontane epoche testimoniano inoltre una pressante necessità di distinguere il borgo dagli altri centri con cui condivide il nome: si rinviene infatti, a partire dalla metà del XIII secolo, l’appellativo de Montaneis associato al nome del paese. Ha origine e sviluppo in questi anni la stirpe dei signori di Montaldo, che segue peraltro le fortune del neonato castrum, mentre l’affermarsi del Monteregale porta alla creazione, nel 1388, della nuova diocesi inter Tanagrum et Sturiam.

Il relativamente rapido declino della casata di Montaldo e la parallela perdita di importanza del castello seguono in questi anni un cammino comune, che porta il feudo a trasformarsi in una signoria patrimoniale, non più di sangue, che vede alternarsi nei secoli le famiglie dei Solaro di Monasterolo, dei Perlasco, dei Collalto, per esaurirsi nel XIX secolo con i marchesi Fauzone.

La chiave di volta della plurisecolare storia del borgo è rappresentata dalle rivolte popolari che, proprio alla fine del XVII secolo, divengono tristemente note come Guerre del Sale. Montaldo rappresenta uno dei punti focali: le rappresaglie poste in essere dal duca Vittorio Amedeo di Savoia contro i ribelli montaldini hanno portato ad una radicale distruzione del borgo nonché ad una deportazione in massa degli abitanti, con esiti disastrosi. In seguito al frazionamento del distretto di Mondovì, datato 1698, Montaldo diventa una comunità autono-ma, con confini definiti.

Quasi cento anni devono però trascorrere prima che si dia inizio ad una misurazione precisa del territorio, iniziata nel 1779 ed ultimata nel 1789 con la verifica dei confini territoriali e la redazione del catasto conservato nell’Archivio Comunale: l’opera fu realizzata con ammirevole precisione dal geometra Giovanni Agostino Ansermetti, di cui si conservano ancor oggi appunti, bozze e brogliacci nello stesso archivio.