12. Toponimi del Comune di Savona

a cura di

Furio Ciciliot e Francesco Murialdo

con: Elvio Lavagna, Gino Minutolo, Giovanni Murialdo,
Roberto Pastorino, Giovanni Mario Spano

toponimisavona

Fond

Patrocinio: Città di Savona, Fondazione Agostino Maria De Mari-Cassa di Risparmio di Savona.

Geografia del territorio comunale

 Il territorio comunale di Savona confina at­tualmente con quelli di Vado Ligure, Quilia­no, Altare, Cairo Montenotte, Albisola Supe­riore ed Albissola Marina, oltre al mare, ha una superficie di 65,55 Kmq in cui risiedono 62.345 persone (31/12/11) ed è compreso nel versante marino della Liguria. La sua altitudi­ne varia dal livello del mare agli 840 metri del monte San Giorgio, al confine con il territorio di Cairo Montenotte ed Albisola Superiore.

Il più importante corso d’acqua è il Letimbro, esempio insolito di idronimo di origine let­terario-arcadica, risalente al XVII secolo ed entrato nell’uso comune (laetus imber). Il Le­timbro riceve a Lavagnola il Lavanestro, suo principale affluente. Oltre ad esso, i principali corsi d’acqua che sfociano in mare sono, da est ad ovest: il rian del Termine (che segna parte del confine con Albissola Marina), il Molinero ed il Quiliano (sul confine con il co­mune omonimo).

L’orografia del territorio è accidentata ed esi­ste solamente una piana costiera di pochi chi­lometri quadrati, a ridosso di una spiaggia lunga oltre quattro chilometri che si estende tra l’altura del Priamàr ed il torrente Quiliano. Tale piana era una volta quasi interamente agricola (piana di Savona e di Legino) e rifor­niva di ortaggi e frutta la città di Savona. Og­gi è stata quasi completamente urbanizzata da insediamenti civili.

La parte alta delle vallate del Molinero, del Lavanestro e del Letimbro ed anche molte alture subito a ridosso della città sono ancora ricoperte da boschi tra i quali residuano, nella parte inferiore, i resti dei terreni agricoli de­gradati e, nella parte superiore, la macchia mediterranea, seguita da castagneti rinselvati­chi, querce ed infine faggi, sui crinali più ele­vati. La fauna dei boschi savonesi è varia e presenta numerose centinaia di cinghiali, ca­prioli e daini, oltre ad apparizioni sporadiche di lupi. L’estensione della parte arborata è ancora oggi cospicua, nonostante i frequenti rovinosi incendi, ed è quantificabile in oltre la metà dell’intera superficie comunale. I princi­pali centri abitati dell’interno sono Santuario e Montemoro, oltre ad altri minori.

Le aree boscose rappresentano i resti del co­siddetto nemus Saonense di cui sono rimaste cospicue tracce scritte nella documentazione medievale e che si estendeva anche in territori limitrofi. Data la sua importanza, ad esso ed alla sua toponomastica sarà dedicato uno spe­cifico fascicolo del Progetto potendo contare su rilevante documentazione scritta e carto­grafica che parte dal secolo XII.

Nella toponomastica, merita un discorso a parte la città di Savona, estesa per alcuni chi­lometri quadrati tra la foce del Letimbro ed il porto. In seguito a studi approfonditi con­dotti soprattutto nella seconda metà del XX secolo, ne conosciamo piuttosto bene la topo­grafia urbana e dei suoi dintorni immediati a cui si rimanda per specifici approfondimenti.

Per tale motivo, il presente fascicolo pone in secondo piano, in linea di massima, i nomi di luogo cittadini compresi entro le mura del XIV secolo, se non per alcuni toponimi rile­vanti, tra i primi ricordati dalle fonti storiche. Come di consueto si sono escluse le intitola­zioni contemporanee.

 

Evoluzione storica ed amministrativa del territorio

La seconda città della Liguria occidentale presenta una storia ampia che non si può racchiudere in pochi paragrafi. La ricerca locale ha approfondito in maniera sistematica molti aspetti della storia urbana e, fino ad epoca recente, minore interesse ha riscosso la storia dei suoi dintorni nonostante le promettenti scoperte archeologiche.

Per quanto riguarda la storia strettamente cittadina, come già detto, si rimanda ai numerosi lavori pubblicati. Ricordiamo solamente che sull’altura del Priamàr si sono reperite tracce della media età del Bronzo che indicano come la città abbia avuto un proprio ruolo importante e continuato per quasi tremila anni.

Dalla prima citazione di Savona – in Livio, I secolo a.C., ma riferita al 205 a.C. – bisogna giungere alla fine del X secolo per notizie sistematiche sulla città e sul suo territorio, contenute in alcuni diplomi imperiali in cui sono descritti i possessi del vescovo di Savona che risiedeva sullo stesso Priamàr.

La fortunata conservazione di alcuni registri notarili relativi ad atti privati a cavallo tra XII e XIII secolo, oltre a numerosi altri documenti ufficiali e pergamene, ci permette di conoscere piuttosto bene il territorio savonese a partire da quelle date.

Facevano allora corona alla città ed al suo porto una serie di insediamenti (i principali Legino e Lavagnola) già esistenti in epoca classica ed ancora oggi rilevanti anche se ormai inglobati nella città che si estende lungo l’intera costa e la parte inferiore della vallata del Letimbro.

Il notevole sviluppo urbanistico ed industriale della piana costiera e della prima collina ha relegato i resti romani, medievali e moderni in posizioni a rischio e meritevoli di ogni tutela, pena la loro assoluta cancellazione nel giro di pochi anni.

Le cappelle medievali leginesi di San Pietro e Paolo e di Santa Anastasia, Santo Spirito a Zinola e di San Giacomo a Savona sono gli esempi principali di tali urgenti necessità. Non bisogna anche dimenticare come il sottosuolo di Legino, e di altri luoghi spesso conosciuti solamente in via indiziaria, abbia ancora discrete potenzialità archeologiche.

Come si è detto, le prime notizie scritte savonesi di una certa consistenza sono contenute in alcuni diplomi imperiali redatti a cavallo del X-XI secolo. In essi sono evidenti alcune linee portanti della storia locale medievale. Non solo il valore del Priamàr di Savona come sede vescovile e dell’area intorno al porto come zona residenziale (burgus) ma anche la precoce presenza di un gruppo di savonesi che, già nel 1014, collaborano attivamente tra loro e da cui nasceranno, probabilmente, le successive strutture comunali del medioevo più avanzato.

I possessi del vescovo erano piuttosto estesi: i principali in area costiera erano a Legino, Tiassano e nelle alte valli del Quiliano. Inoltre la foresta alle spalle di Savona giungeva indistintamente fino a Cairo e Dego. Pur essendo essa di proprietà marchionale ma concessa al vescovo, fu progressivamente utilizzata da altre piccole comunità locali e da foresta, con il progredire dell’utilizzo economico assunse il ruolo di bosco tutelato dalla comunità (secoli XI-XII). L’anno 1191 è considerato la data ufficiale in cui i marchesi di Savona conclusero la cessione al comune delle proprietà ancora mantenute.

A partire dalla prima metà del XIII secolo il comune di Savona tentò di mantenere una propria autonomia contro l’espansione territoriale del comune di Genova, il cui episodio culminante fu la cosiddetta pace di Varazze del 1251 in cui si sancì anche l’estensione dell’area soggetta a Savona – da Celle a Vado, con qualche soluzione di continuità – territorio oggi compreso, oltre che nel comune di Savona, anche nei vicini di Vado Ligure, Quiliano, Albisola Superiore, Albissola Marina e Celle Ligure.

Nel 1528 cessò l’autonomia savonese in maniera traumatica e la città entrò definitivamente nello stato genovese e vi rimase fino al periodo napoleonico con la nascita, nel 1797, della Repubblica democratica ligure.

Con la nuova struttura amministrativa, ad imitazione di quella francese, Savona estese gradualmente la sua egemonia di capoluogo su un territorio via via più vasto. Dall’iniziale distretto del Letimbro da Albissola Marina a Vado e Quiliano, alla riforma del 1803 con la giurisdizione di Colombo che si estendeva da Arenzano a Loano, compresi i cantoni di Sassello, Calizzano e Carcare.

In questa fase si stabilì che ogni parrocchia costituisse un comune; pertanto assunsero tale rango le tre parrocchie extraurbane savonesi di Lavagnola, Legino e San Bernardo che ebbero propri organismi di autogoverno (municipalità) per circa un anno, a cavallo tra il 1798 ed il 1799. Dopo tale data una nuova legge limitò le municipalità al livello superiore di cantone (Savona), con i singoli comuni rappresentati da Agenti in numero proporzionale alla popolazione. Nel 1804 i tre comuni furono, anche formalmente, riaggregati al capoluogo.

Nel 1805 la Liguria entrò a far parte integrante dell’Impero francese e Savona, capoluogo del nuovo dipartimento di Montenotte, estese ulteriormente il suo ambito territoriale inglobando il circondario di Porto Maurizio (fino a Riva Ligure) e quelli piemontesi di Ceva e Acqui.

Dopo l’effimera ricostituzione della Repubblica di Genova nel 1814, il Congresso di Vienna assegnò la Liguria al re di Sardegna. Nella prima ripartizione del 1815 in tre intendenze, Savona fu posta a capo di quella di Ponente, da Cogoleto a Ventimiglia, mentre l’anno successivo furono create le province di Savona e di Finale (poi Albenga).

La situazione rimase sostanzialmente immutata fino al 1859 quando la cosiddetta legge Rattazzi ridusse le due province a circondari di quella di Genova. La provincia di Savona (compreso l’Albenganese) venne ricostituita nel 1927.

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L’evoluzione amministrativa degli enti religiosi è molto complessa. Nel territorio savonese, in epoca medievale, furono infatti presenti, oltre l’omonima sede vescovile e le parrocchie in essa comprese cui si è già fatto cenno, alcune strutture regolari, in parte ancora da analizzare compiutamente. Dalla diocesi savonese, suffraganea di Milano fino al 1806, fu scorporata nel 1238 quella di Noli, poi riaggregata con pari dignità nel 1820 e definitivamente nel 1986.

Ricordiamo i monasteri benedettini (?) femminili di Santa Cecilia (vicino all’attuale cappella di San Michele), di Santa Devota/ Recordata/Reparata (Valloria) e di San Giacomo di Montemoro oltre a quello cistercense di Santa Maria di Loreto, fondato nel 1480 ed altri successivi. In epoca moderna le entità religiose furono ancora più numerose ed alcune di esse sono presenti tuttora.

Dal medioevo al XVIII secolo le parrocchie cittadine erano costituite dalla Cattedrale, San Pietro, Santa Maria Maddalena (soppressa nel 1586), San Giovanni Battista e Sant’Andrea (unite dal 1986). Alcune comprendevano anche larghe fasce di territorio al di fuori delle mura della città. In ambito extraurbano erano le parrocchie di Lavagnola, Legino e, dal ’400, San Bernardo.

Con l’espansione urbanistica del XIX-XX secolo, quando in pochi decenni la città di Savona passò da ventimila ad ottantamila abitanti, le parrocchie si moltiplicarono, partendo dalle zone più periferiche quali Zinola (1873), Fornaci (1900), San Bartolomeo del Bosco (1916), Montemoro (1947) e da quelle nei nuovi quartieri residenziali che avevano occupato le aree agricole più prossime alla città.

Nacquero così, alla Villetta, Santa Maria Giuseppa Rossello (1953) e, in Valloria, San Filippo Neri (1953); nell’Oltreletimbro, San Giuseppe (1952), San Paolo (1965) e Santa Rita (1965, soppressa nel 1995); alla Chiavella, la Santissima Trinità (1962); alla Foce il Sacro Cuore (1938); a Villapiana San Francesco da Paola (1912), San Lorenzo (1969) e Santa Maria Ausiliatrice (1970).