40. Arcaici echi. Toponomastica medievale di Savona

Arcaici echi. Toponomastica medievale di Savona di Furio Ciciliot è un’analisi dei toponimi di Savona basata su oltre tremilacinquecento documenti redatti prima del 1215, da cui sono stati ricavati trecento diversi nomi di luogo, studiati sistematicamente e in larga parte localizzati.

Il risultato è una innovativa ricostruzione del territorio della città ligure e dei suoi dintorni a partire dall’epoca antica e basato su fonti storiche, geografiche e linguistiche.

Di seguito si riporta la prefazione al volume di Claudio Marazzini, professore ordinario di Storia della Lingua Italiana e presidente dell’Accademia della Crusca.

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La toponomastica apre prospettive nuove e imprevedibili su fasi lontane della storia, rivelando informazioni che talora confermano i dati giunti da altre fonti, archeologiche e letterarie, talora suggeriscono percorsi diversi, ma talora (anche questo accade) pongono quesiti che non sembrano risolvibili; è il caso in cui il toponimo resta “opaco”, rifiuta di parlare e di svelare il proprio segreto. Ciò accade, in questo fascicolo, paradossalmente, proprio per il toponimo principe, cioè il nome stesso di Savona, la città a cui è dedicato lo studio. Ci si dovrà limitare, quando il toponimo non parla, alla formulazione di ipotesi, in attesa di eventuali futuri sviluppi. Furio Ciciliot non ha paura di usare pazienza. Non tutto si può risolvere. Non subito, almeno. In compenso, l’autore svela ed esamina (come vedrà il lettore) il vero significato di Priamàr, una denominazione che, nella toponomastica savonese, rappresenta un luogo altamente simbolico, uno di quei “luoghi dell’anima” che incantano sia i turisti sia i residenti. Il passaggio dal nome della città, Savona, al nome di una piccola parte di essa, Priamàr, segna in realtà anche un altro importante movimento, significativo sul piano metodologico: si transita dal toponimo al microtoponimo. La microtoponomastica è diversa dalla toponomastica di località note e importanti. Per queste ultime, lo studioso si confronta quasi sempre con una bibliografia nutrita, sceglie tra le proposte etimologiche formulate da tempo, eventualmente le integra o modifica secondo le proprie ipotesi. Per i microtoponimi, prima ancora dell’interpretazione, urge invece l’atto pietoso della raccolta: si tratta di rintracciare, e magari salvare dall’oblio, un patrimonio di nomi di piccoli luoghi, frazioni di poche case, agglomerati minuscoli, fontane, crocicchi, boschi, prati, pascoli, poderi, angoli di strade, casali, fortificazioni; sono luoghi che non sono mai o quasi mai entrati nei repertori di denominazioni ufficiali, o magari ci sono entrati attraverso le deformazioni che si trovano nelle pur bellissime, meritevolissime e dettagliatissime carte 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare. Di recente, visitando l’Istituto Ladino Micurà de Rü (in ladino Istitut Ladin Micurà de Rü) a San Martino in Badia, ho visto le magnifiche mappe satellitari sulle quali sono stati riportati, con eccezionale ricchezza, dopo lungo lavoro di raccolta, i microtoponimi della geografia alpina di quei luoghi (le “chertes ortofoto cun i toponims ladins”, come recita in ladino il sottotitolo delle dieci mappe già edite). Guardando quelle carte, subito mi è venuto in mente, come confronto, il lavoro non meno importante che la Società Savonese di Storia Patria ha avviato da anni, con i fascicoli sulla toponomastica del territorio tra Liguria e Piemonte. Si tratta di un’iniziativa di eccezionale merito, di cui Furio Ciciliot è uno dei grandi animatori e ideatori. Gli amici dell’Istituto Ladino, messi al corrente dell’iniziativa savonese, hanno subito notato la principale differenza, oltre all’analogia. L’analogia sta in un identico amore per il territorio, da cui discende lo sforzo compiuto nell’interrogare le tracce che il passato ha depositato nella memoria orale degli abitanti. Il tempo è trascorso impietoso, e oggi, per i mutamenti sociali ed economici, il patrimonio rischia di cadere nel definitivo oblio. Dunque la ricognizione dei microtoponimi è prima di tutto un atto estremo di ricerca sul campo, anche allo scopo di salvare il ricordo di elementi storici che vanno appannandosi. Questi toponimi rappresentano la fase attuale di un lungo percorso, talora di origini remote, che può essere documentato e seguito attraverso le tracce che ha lasciato nel corso del tempo. Qui sta la specificità della ricerca condotta in Liguria e nel basso Piemonte: non solo si sono raccolti i toponimi sopravvissuti nell’uso della gente del posto, ma si sono confrontati tali toponimi con quelli trasmessi dai documenti antichi, catasti e atti notarili. La linguistica sul campo si è dunque intrecciata con la ricerca storica e d’archivio. Furio Ciciliot ha calcolato il numero dei toponimi studiati nel complesso della ricerca della Società Savonese di Storia Patria, e sono davvero una quantità notevolissima, quasi incredibile: oltre 50.000 toponimi sono stati estratti da antichi documenti, e confrontati con la situazione attuale. Il raffronto tra documenti antichi, medievali, ma anche di età moderna, come potevano essere i catasti del Seicento o del Settecento, è una metodologia che il gruppo della Società Savonese di Storia Patria, sotto la guida abile di Furio Ciciliot, ha perfezionato e sfruttato in maniera esemplare, consegnando alla cultura italiana ben 39 fascicoli di ricerche, preziosi per la storia del territorio, utilizzabili da linguisti, cultori di etimologia, storici, eruditi che operano in diversi settori del sapere, ricercatori delle tradizioni e della geografia antica, studiosi del mondo rurale e contadino.

Il caso ha voluto che proprio la ricerca su Savona, qui presentata, la quale è al tempo stesso il perfezionamento di una precedente ricerca condotta da Furio Ciciliot nel 2013 e 2014 (PTS 12 e 20), non potesse avvalersi dei catasti, che tanto materiale avevano fornito ad altri volumi della collana di toponomastica storica dell’area ligure-piemontese. Al posto dei catasti, qui non disponibili, sono stati utilizzati tre regesti di atti notarili, molto antichi, che vanno dal 1167 al 1215. Sono atti di cinque notai diversi. L’antichità dei reperti rende ancora più affascinante il confronto con la toponomastica sopravvissuta. Furio Ciciliot si presenta dunque prima di tutto in veste di storico e di decifratore di antichi documenti, ed anzi dichiara la propria relativa estraneità alle ricerche linguistiche, alle quali, pure, ha dato innegabilmente un contributo di alta qualità. Gli atti notarili hanno fornito la materia, come del resto suggeriva il grande Ludovico Antonio Muratori, quando scriveva quanto segue nella XXXII dissertazione delle Antichità italiane, inaugurando un metodo, commentando la forma “Sancta Maria de li Pluppi”, rintracciata in un documento del 994 d.C.: “Nimirun quum certa locorum quorundam nomina, aut cognomina, sive agnomina, memoranda olim erant, interdum vernaculae Linguae voces ad evitandas ambiguitates usurpabantur” (L.A. Muratori, Antiquitates italicae Medii Aevi, Tomus II, Mediolani, Ex Typographia Societatis Palatina, 1739, colonne 1035-36). Quei documenti, dunque, erano preziosi anche per la storia della lingua.

Da storico avvertito, Furio Ciciliot si rende conto di quanto sia scivolosa questa materia linguistica, per non parlare della difficoltà di interpretare le etimologie. Per questo più volte mostra la propria cautela, dando prova di rigore e di metodo. La sterminata messe di toponimi raccolti in PTS (i fascicoli del “Progetto Toponomastica Storica” della Società Savonese di Storia Patria), fra l’altro, gli permette di istituire relazioni e confronti, come quando, di fronte al microtoponimo “Folconi”, può suggerire il richiamo a “pian di Folco” di Piana Crixia, il comune più settentrionale della provincia di Savona, o, per “Funtanigium”, alla “fontem Fontanigi” del comune di Paroldo, piccolo centro già in provincia di Cuneo, dunque in Piemonte. Si verifica dunque in che modo la ricchezza del materiale favorisca la costruzione di una rete estesa dei riferimenti, e come la ricerca si avvantaggi, grazie alla scelta di coinvolgere due regioni geografiche, non limitandosi alla sola Liguria, e adottando quindi una prospettiva aperta, non particolaristica, anche se sempre attenta, come doveva appunto essere, al dato più locale e minuto.

Abbiamo il dovere di rendere merito all’autore di aver condotto una ricerca così completa e puntuale, arricchendo in maniera significativa le conoscenze su di un territorio di grande interesse storico, linguistico e geografico. Si tratta di ricerche che impegnano a fondo chi le conduce, perché il materiale cresce nella mani dello studioso solo attraverso una lunga fatica: consultazione di archivi, lettura di testi notarili non facili da decifrare, selezione severa di dati che nascondono insidie di vario tipo. Sono ore e ore di lavoro specialistico. Il risultato, brillante, si inserisce nel progetto che abbiamo descritto. Il territorio savonese può dunque vantare, allo stato dei fatti, un repertorio di prim’ordine, che non è disponibile per le altre zone italiane. Storia, geografia e linguistica si sono combinate in maniera eccellente.

Claudio Marazzini