a cura di:
Furio Ciciliot e Stefano Mallarini
Geografia del territorio comunale di Bormida
Il territorio comprende l’alta valle del fiume Bormida, ramo di Pallare, e parzialmente si estende anche nella parallela vallata della Bormida di Mallare; è interamente montuoso con poche limitate piane di fondovalle nelle quali sono sorti i principali insediamenti, a volte nei pressi di ferriere, segherie ad acqua ed altre strutture produttive.
Confina con i comuni di Osiglia, Pallare e Mallare (sul versante padano) e di Rialto e Calice Ligure (su quello marittimo) che parzialmente si estende anche nell’oltregiogo; alla vetta del monte Settepani giungono anche i territori di Magliolo e Calizzano, confinanti con Bormida con quel solo punto geografico.
Il Comune è esteso per poco più di 22 Km2 ha una popolazione di circa quattrocento abitanti ed è situato in una fascia altimetrica compresa tra 435 m sul livello del mare, fondovalle Bormida verso Mallare e Pallare, e 1.386 m del monte Settepani.
Le vie di crinale sono state utilizzate fino dall’antichità per il collegamento con la Riviera attraverso il valico della Madonna della Neve (m 935). Dal 1666 gli Spagnoli resero carrabile l’antico tracciato che da Finalborgo risaliva alla Madonna della Neve, scendeva a Pian Sottano e proseguiva lungo il fondovalle, all’interno del Marchesato, fino a Carcare (strada Berretta). Un altro valico, la Baltera (m 793), collega la vallata di Bormida con quella di Osiglia.
La caratteristica principale di Bormida è la presenza preponderante di boschi e foreste che coprono oltre il novanta per cento del territorio e ne fanno il comune più boscoso della provincia di Savona. Purtroppo, l’abbondante copertura vegetale è stata sacrificata al bosco ceduo che ha alimentato negli ultimi secoli le ferriere locali.
Una foresta importante, formata da abeti bian-chi e da faggi, copriva buona parte del monte Ronco di Maglio (m 1.103). Negli ultimi decenni, l’abetaia è stata aggredita da patologie che ne hanno notevolmente compromesso l’estensione e gli alberi rilevanti sono ormai rarissimi. L’abetaia del Ronco di Maglio rappresentò per la Repubblica di Genova uno dei più comodi luoghi di riferimento per i cantieri navali e conosciamo numerose testimonianze antiche del loro utilizzo come alberi di imbarcazioni di grandi dimensioni.
L’abbondanza di acqua e di legname, come detto, permise a Bormida il prosperare di due ferriere, ed inoltre segherie e fornaci rappresentarono una risorsa importante per la popolazione e garantirono lo sviluppo del paese.
Anche il sottosuolo contiene interessanti vene di minerali che, tra XIX e XX secolo, furono sfruttate intensamente ma la cui coltivazione potrebbe anche risalire più indietro nel tempo. Rispetto all’economia forestale e paleoindustriale, l’economia agricole e pastorale fu secondaria e legata ad utilizzi puramente locali.
Bormida, Fornace di pian Sottano, 2004 (foto Stefano Mallarini)
Evoluzione storica ed amministrativa del territorio di Bormida
Secondo Giulia Petracco Sicardi, il termine Bormida è un “idronimo di origine preromana” da connettersi forse con il significato di caldo anche se altri etimi sono proposti. Dalle falde del monte Settepani nasce il ramo centrale dell’omonimo fiume che scorre verso la pianura padana da cui il comune prese il nome.
Nel 1179, Enrico I il Guercio marchese di Savona fondò l’ospedale di Santa Maria di Fornelli, oggi in comune di Mallare ma prossimo al confine con Pallare e Bormida, primo centro devozionale della vallata, il cui compito principale era quello di fornire un sicuro appoggio lungo i percorsi tra costa ed entroter-ra.
Dal 1268, in seguito alle divisioni successive alla morte del marchese, Bormida fu compresa nel terziere di Finale con Rialto ed Osiglia; del territorio fu investito, nel 1358, Bonifacio II Del Carretto.
Nell’atto di donazione del 1393, il castello e la villa di Osiglia, cui era aggregata Bormida, comprendeva 180 uomini: non è dato sapere quanti tra loro fossero bormidesi. La stessa parrocchia dipendeva da Osiglia e se ne affrancò solamente nel 1481 con la costruzione di una propria chiesa, autonoma e con un rettore, intitolata a San Giorgio.
Quando, alla fine del ‘500, i Del Carretto cedettero Bormida e le terre del marchesato di Finale agli Spagnoli, nella vallata erano attive una resica (segheria) nello stallo dei Rocca e, almeno dal 1490, una ferriera e un mulino a Pian Soprano, ed altre due ferriere, Birri e Fornelli, in territorio di Mallare e quindi sotto il Monferrato.
Bormida, Ferriera di pian Soprano, 2013 (foto Stefano Mallarini)
Nel 1649 transitò per la vallata il corteo nuziale della regina Maria Anna d’Asburgo. La successiva strada carrabile di fondovalle, già ricordata, fu detta via Reale o di Spagna. La percorse nel giugno del 1702 il corteo nuziale di un’altra promessa regina (Margherita Teresa) sposa del futuro re spagnolo Filippo V.
Nel 1713 Genova acquisì le terre del marchesato di Finale tralasciando, per ragioni econo-miche, la manutenzione della via Reale che divenne ben presto a tratti inagibile nel periodo invernale, danneggiata dall’azione di varie alluvioni; la più devastante fu quella del 1744.
Nel 1786 per far fronte all’incremento demografico del paese si decise l’ampliamento della vecchia chiesa parrocchiale. I lavori furono sospesi nel 1795 per le guerre napoleoniche e conclusi solo nel 1814, al termine delle ostilità.
Nel 1814 Bormida contava 822 abitanti così suddivisi: 92 ai Delfini, 15 in Romana, 163 ai Piani Sottani, 61 ai Pirotti, 65 ai Resi, 18 ai Navoni, 85 alla Costa, 182 ai Piani di Sopra e 141 nelle Cascine.
In tale anno anche Bormida passò sotto il dominio sabaudo e nel 1834 divenne comune autonomo staccandosi definitivamente da Osi-glia. In seguito a questo si acuirono una serie di vertenze con il comune di Rialto per una vasta porzione di territorio dove da sempre i bormidesi raccoglievano legna, contese definitivamente concluse all’inizio del XX secolo.
La crisi delle ferriere, iniziata nel 1798 – ma accentuatasi dopo il 1816 fino alla loro graduale chiusura attorno alla metà del secolo – contribuì al graduale spopolamento della vallata, alimentando il flusso migratorio verso le Americhe.
Nel 1861, primo censimento dopo l’unità d’Italia, Bormida contava 1.029 abitanti. Nel 1895 in occasione del primo centenario della fondazione della chiesa parrocchiale, la figlia di una bormidese emigrata in Uruguay, Maria Blengio Rocca, donò alla terra nativa della madre l’edificio della scuola elementare, divenuto in seguito sede comunale.
Nella seconda metà del XIX secolo si segnala nelle vallate bormidesi un’intensa attività di ricerca e sfruttamento di risorse minerarie con apertura di piccole miniere, di solito filoni superficiali di pirite e grafite, ma fu anche coltivata una miniera d’oro in località Pirotti, attività ben presto cessate per l’esaurimento o perché divenute economicamente non più sostenibili.
Attorno al 1880 iniziò la costruzione della strada, allora consortile, che unì stabilmente Bormida al fondovalle e solo nel 1931 la linea elettrica raggiungerà le prime case del paese.
Lo spopolamento iniziato nel secondo dopoguerra ha portato Bormida alla popolazione attuale di 401 abitanti (2011): le attività produttive locali sono indirizzate al terziario ed allo sfruttamento turistico di un territorio tra i più boscosi d’Italia.