24. Toponimi del Comune di Mombasiglio

a cura di Valentina Carotta, Furio Ciciliot ed Enzo Errani

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Geografia del territorio comunale di Mombasiglio

Il comune di Mombasiglio sorge su una via di comunicazione che legava il Piemonte alla Riviera di Ponente: partendo da Lesegno, risaliva per la valle Mongia, scendeva a Bagnasco, per Battifollo, e a Priola per Viola-colle di San Giacomo.

Mombasiglio confina a nord con il comune di Lesegno; a est con Ceva e Scagnello; a ovest con San Michele di Mondovì e Monasterolo Casotto. L’altitudine minima sul livello del mare – fondovalle Mongia al confine con Lesegno e San Michele di Mondovì – è di circa 420 m; la Casa Comunale in regione Piani è a 450 m, la Villa a 600 m ed il punto più alto, brich di Valtardita, giunge a 941 m.

Venendo da settentrione, Mombasiglio è il primo centro abitato che si incontra nella valle Mongia, la più orientale delle valli monregalesi sul versante piemontese delle Alpi Liguri; è attraversato in tutta la sua lunghezza dal torrente Mongia, che nasce dal Mindino (1879 m) e confluisce nel torrente Corsaglia, in comune di Lesegno, e infine nel Tanaro.

Lungo il corso del Mongia si snoda l’abitato principale, suddiviso in tre settori senza soluzione di continuità (Piani, Mulini e Paruzza). Una ripida strada unisce questo agglomerato alla parte alta del paese, la Villa, l’area più suggestiva sia per l’ampio panorama che si apre attorno (a nord e nord ovest le Alpi Cozie con il Monviso, a sud le Alpi Liguri, a ovest lo spartiacque Mongia-Casotto, a nord-est le Langhe) sia per l’imponente castello. L’estensione totale del comune è di 17,15 Km2 ed ha una popolazione di 616 abitanti (censimento 9/10/11).

Il territorio è costituito, nella parte più pianeggiante, da un alternarsi di coltivazioni e pascoli di antico utilizzo mentre nella parte più elevata prevale il bosco che si innesta direttamente alle foreste alpine.

Non pochi sono i monumenti di valore artistico. Oltre al castello, sormontato dall’alta torre quadrata – all’origine del complesso, costruita sul punto più alto della collina, in mezzo a un parco a sua volta sorretto da mura – alla chiesa parrocchiale di San Nicola e alle varie cappelle (una decina) sparse su tutto il territorio, vanno senz’altro ricordate la stele etrusca risalente al IV sec. a.C., unica nella zona, ed altri reperti romani: un’ara dedicata a Ercole e due steli funerarie esposte nella sala del Centro Culturale Mombasiglio.

Particolarmente suggestivo è il ponte sul torrente Mongia quasi sempre ritenuto di origine naturale e probabilmente di epoca olocenica, scavato con notevole precisione dall’acqua. Si tratta di una vera e proprio galleria lunga una quindicina di metri e alta dai tre ai cinque, aperta nel terreno alluvionale, un conglomerato di ghiaia e ciottoli.

L’industria moderna di Mombasiglio ha inizio nel 1752, quando il notaio Gervasio Ponte fa costruire una filanda per la seta, una delle più grandi del Piemonte. Ancora nel 1858 la manifattura, passata di proprietà al conte Vittorio Vianson Ponte, era in piena attività e dava lavoro tutto l’anno a centinaia di lavoratori forestieri e locali.

Cessata l’attività, l’edificio fu venduto a Lorenzo Montefameglio (1870) che lo trasformò in una fabbrica di terraglia. Tra alterne vicende e diverse compagini societarie, l’attività proseguì fino al 1902 quando fu definitivamente chiusa.

L’economia locale rimase però essenzialmente agricola almeno fino alla metà del ‘900, con la castagna come prodotto caratterizzante, boschi particolarmente curati, vigneti, alberi da frutto e prati per la produzione di foraggio.


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Affresco medievale dalla chiesa di Sant’Andrea.

Evoluzione storica e amministrativa del territorio di Mombasiglio

 Le origini di Mombasiglio sono molto antiche, come testimoniano, tra gli altri, i reperti archeologici ritrovati nel 1923 durante i lavori di demolizione dell’antica chiesa di Sant’An-drea presso cui probabilmente sorgeva l’ori-ginario nucleo abitato: da esso derivano la già citata stele etrusca ed i resti di epigrafi romane, databili al I secolo d.C., che si sono già indicati.

Il nome di Mombasiglio è riportato per la prima volta (in Monte Basilico iugera quinquaginta de terris arabilibus et vineis in una ecclesia [Sancti] Iohannis) in una grande proprietà terriera assegnata da Carlo Magno al monastero di San Pietro in Varatella (Toirano, Savona), documento trasmesssoci in una copia trecentesca del Chronicon.

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L’area archeologica della chiesa di Sant’Andrea.

Non si hanno più notizie di Mombasiglio fino al 1095 quando ricompare in un documento relativo alla donazione di Bonifacio marchese di Savona ai monaci di Fruttuaria, in cui è citato Ottone di Mombasiglio, suo vassallo.

Una carta del 1134 riporta la donazione del castello di Mombasiglio al vescovo di Asti da parte di cinque fratelli, Bonifacio, Oberto, Oddone, Enrico e Guglielmo, assieme con la madre Aloisia. Nel 1222 venne effettuata la permuta di Mombasiglio con Boves dai fratelli marchesi di Ceva Guglielmo, Manuele, Leone, Bonifacio e Giorgio con i fratelli Jacopo e Domino Ardizone di Mombasiglio.

Solo da questa ultima data si può far risalire la dipendenza di Mombasiglio dal marchesato di Ceva; inoltre con Jacopo e Domino sembra cessare la signoria dei discendenti di Ottone su Mombasiglio.

Risale al 1331 il primo documento locale da cui emerge la vita sociale ed economica del luogo, gli Statuti di Mombasiglio. Il testo fu firmato dai marchesi di Ceva, signori di Mombasiglio, ordinato da una commissione di eletti dal comune e dall’università degli uo-mini del paese.

Mombasiglio fece parte politicamente del marchesato di Ceva fino al 1492 quando fu confiscato da Ludovico d’Orléans (dal 1498 Luigi XII re di Francia), come attesta la carta di franchigia concessa a Parigi il 27 aprile 1492, che confermò, tutte le immunità già concesse in precedenza nel 1481.

Ludovico, a sua volta, donò il feudo a Ettore di Montanard ma già l’8 novembre 1501 fu venduto al vescovo di Asti, il cardinale Giuliano Della Rovere, che due anni dopo salirà al soglio pontificio con il nome di Giulio II. Il feudo passò poi al nipote Francesco Maria Della Rovere duca di Urbino, signore di Senigallia e principe di Mombasiglio (5 aprile 1510).

La prima metà del XVI secolo vide un rapido susseguirsi e alternarsi di signori: Sebastiano de Sauli dei marchesi di Ceva (24 dicembre 1516); Giorgio Spinola dei marchesi di Ceva (25 febbraio e 2 giugno 1530); Alfonso Del Carretto (31 maggio 1533).

Passato a casa Savoia, il feudo di Mombasiglio fu eretto a contado in favore della nobile famiglia Trotti Sandri di Fossano (12 luglio 1602). I Trotti Sandri saranno i primi signori a risiedere stabilmente a Mombasiglio e fecero ristrutturare il castello per essere adibito a residenza. Nel 1759 morì l’ultimo dei Trotti Sandri senza lasciare eredi e il 25 aprile 1760 Carlo Emanuele di Savoia concesse il feudo a Marco Adalberto Pallavicino delle Frabose.

Tempi duri per il paese si presentano a partire dal 1796, durante il periodo napoleonico: gli ordinati consiliari del periodo parlano di pesanti requisizioni di fieno, cibarie, vino e legname per il sostentamento delle truppe. Il 16 febbraio 1799 viene redatta la richiesta di annessione di Mombasiglio alla Francia, ma le forti imposizioni fiscali provocano la rivolta popolare e così, fino al giugno 1800, ritorna sotto l’amministrazione del Re di Sardegna, che ha un proprio governatore a Mondovì, è occupato dagli austriaci ed è oggetto delle scorrerie dei francesi.

Nel 1804 Mombasiglio fu compreso nel circondario della vice-prefettura di Ceva, nel compartimento di Montenotte, uno dei quindici cantoni in cui fu suddiviso il compartimento. L’amministrazione della giustizia fu rimessa a un tribunale di primo grado a Ceva e d’appello a Savona.

Con la caduta di Napoleone nel 1814, Mombasiglio, ritorna di proprietà di casa Savoia e passa sotto la signoria dei Vianson Ponte, già presenti nel Settecento: il notaio Gervasio era stato il fondatore, nel 1752, della filanda e l’abate don Giuseppe Vianson Ponte, nel 1763, aveva procurato la reliquia di Sant’Am-miano. Ai Vianson Ponte segue la famiglia Belladen, che si estinse senza eredi diretti.

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Il ponte naturale sul torrente Mongia.

Dal punto di vista religioso amministrativo, Mombasiglio fece parte della diocesi di Alba, soppressa ed aggregata a quella di Asti nel 1803; entrò nella diocesi di Mondovì nel 1817, insieme con Ceva ed alle sue dipendenze.

Si ignora quando e da chi sia stata fatta edificare l’attuale chiesa parrocchiale, eretta sotto il titolo di San Nicola di Bari, vescovo di Mira,. Esistono nove cappelle dove periodicamente si celebrano funzioni religiose: San-t’Antonio, San Bartolomeo, San Bernardo, San Giacomo, San Giovanni della Gorrea, San Lodovico, San Sebastiano, Madonna di Lourdes e Beata Vergine del Soccorso.

A queste si aggiungono altri edifici scomparsi: la chiesa di Sant’Andrea e le cappelle di San Rocco, di San Nicola da Tolentino e di Santa Elisabetta.

Altri edifici per il culto non sono oggi più utilizzati perché trasformati in edifici civili, si tratta delle cappelle di Santa Croce e, ben più importante per antichità, di quella di San Giovanni dello Zerbo (oggi quasi sempre indicata come del Bosco) – sul confine con Lesegno e con Ceva, gravitante ab antiquo su Mombasiglio – in cui rimangono interessanti strutture e frammenti decorativi medievali (VIII/XV secolo.

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Mombasiglio