39. Toponimi del Comune di Acqui Terme

Presentazione

Il fascicolo di toponimia dedicato all’attuale territorio comunale di Acqui Terme è il primo di una città della provincia di Alessandria ed è anche uno dei più complessi ed interessanti fino ad ora pubblicati.

Come di consueto si sono utilizzate sia fonti locali, provenienti dall’Archivio Storico Diocesano e dall’Archivio Storico Comunale, oltre ad altra documentazione conservata in archivi diversi di Genova e Savona.

In particolare, sono stati utili gli atti di due notai, gli statuti medievali, le pergamene diocesane e i registri catastali, i primi dei quali redatti in una data di poco successiva al 1580. Rilevante è stato anche l’apporto costituito dai registri catastali del 1671, i più antichi figurati fino ad oggi utilizzati nel nostro lavoro.

I numerosi e precisi lavori già effettuati sulla topografia di Acqui romana e medievale, oltre al riscontro archeologico ed urbanistico, hanno permesso almeno un inquadramento di massima della toponimia.

Per il presente lavoro, si intende ricordare alcuni studiosi che hanno fornito un generoso aiuto nel localizzare i luoghi, in particolare Lionello Archetti Maestri, Gianluigi Bovio della Torre, Cesare Chiabrera Castelli e Giovanni Rebora: ogni imprecisione è unicamente nostra.

L’obiettivo principale è stato fornire una base per ulteriori approfondimenti. Un ultimo ringraziamento va a Walter Baglietto, a Gabriella Parodi ed alla Città di Acqui Terme che ha concesso il patrocinio al fascicolo.

Geografia del territorio comunale di Acqui Terme

Il territorio comunale attuale di Acqui Terme -di poco superiore ai 33 Km2 – è costituito da colline e compreso nella fascia altimetrica tra i 135 m sul livello del mare del fondovalle della Bormida verso Strevi ed i 453 del castello di Ovrano.

Non lontano dalla confluenza dei due principali corsi d’acqua che dall’Appennino scendono verso il Tanaro ed il Po (Bormida ed Erro), Acqui Terme ha una posizione privilegiata fin dall’antichità più remota.

Convergono sulla città tre strade principali che giungono dalla costa con percorsi totalmente indipendenti. Una di tali strade – la più lunga ma anche la più comoda, lungo la Bormida – era facilmente utilizzabile, tanto da essere percorsa da una delle principali arterie della romanità, la via Aemilia Scauri che nella stessa Acqui, allora Aquae Statiellae, aveva uno dei punti nodali, contrapposto a Vada Sabatia, sulla costa ligure savonese.

Allo sbocco di queste strade – in un territorio dove l’orografia aspra e selvaggia dei crinali che dal monte Beigua e dalle altre cime che separano la Liguria dal Piemonte si stempera nelle colline del Monferrato – una cospicua e caldissima fonte termale (oltre 70° gradi C) ed altre meno rilevanti furono all’origine di un insediamento ricalcato ancora oggi, almeno parzialmente, dal centro storico. La fonte cittadina, chiamata Bollente, oggi fornisce oltre mezzo metro cubo di acqua al minuto.

I dintorni sono costituiti da una serie ininterrotta di colline degradanti verso il Tanaro e furono sede privilegiata di una agricoltura che via via si è specializzata verso la viticoltura ma che in epoche più antiche diede origine ad un’ampia serie di produzioni agricole di fama.

Il potere di aggregazione territoriale acquese è ben superiore alla sua popolazione che alla metà dell’Ottocento era di circa diecimila abitanti e solamente negli ultimi decenni è giunta a superare i ventimila.

Oggi Acqui Terme è riuscita a coniugare agricoltura, piccole produzioni industriali e servizi con una serie di strutture ricettive legate al turismo termale che ne riprendono una fama risalente alla classicità, quando costantemente fu indicata come una delle principali città termali del mondo romano. Il territorio è interamente urbanizzato e coltivato, con pochi lembi di vegetazione originaria, soprattutto lungo i corsi d’acqua minori che erodono le colline, mentre le rive della Bormida sono ancora quasi completamente libere. Sono ancora territorialmente differenziate le località di Moirano, Lussito e Ovrano, autonome rispetto al capoluogo.

 

Evoluzione storica e amministrativa di Acqui Terme

Come si è già detto, la posizione geografica e l’eccezionale sorgente termale hanno condizionato la nascita e lo sviluppo storico della città di Acqui, alla quale con decreto del presidente della Repubblica del 16 marzo 1956 viene aggiunta la specificazione turistica (Terme) ad un toponimo trasparente e sempre citato al plurale.

La continuità di Acqui fin dall’epoca romana è legata alla localizzazione della Bollente, intorno alla quale si trovavano sia i principali edifici del municipium – il teatro, l’anfiteatro e, ovviamente, l’impianto termale – sia la successiva sede vescovile, la cui origine è stata fissata tra il IV ed il V secolo, ed il moderno centro direzionale cittadino.

Precedenti alla città romana, in alcuni casi sedi degli Stazielli, popolazione ligure citata da vari autori classici, possiamo forse riconoscere alcuni insediamenti sulle colline, su cui furono impostati anche successivi nuclei abitati tardo antichi ed altomedievali, tra i quali i già citati Moirano e Ovrano.

Come vedremo, la ricca e ben conservata toponimia acquese conserva alcune indicazioni sulla romanità che si può verificare sugli interessanti resti artistico-architettonici nel locale museo archeologico, o nella stessa città. Il più cospicuo di essi è rappresentato dai monumentali archi dell’acquedotto incanalato dal torrente Erro, la cui presa era lontana circa quindici chilometri, che svettano nella piana presso la Bormida e che speriamo si possano mantenere nella forma naturale attuale e non “valorizzati” con interventi cementificatori.

La grande strata Aemilia Scauri che da Tortona si dirigeva verso la costa dell’attuale Vado Ligure non ha lasciato resti evidenti se non una serie di toponimi indicatori, quali il frequente Levata, riferito al terrapieno su cui scorreva la via, che possono essere seguiti per tutta la valle Bormida.

Il quadrilatero romano può essere in parte individuato ad occidente della Bollente; in epoca successiva, nella parte collinare, si insediò il centro vescovile, la cui amministrazione si irradiava per le vallate che giungono fino allo spartiacque, località che attualmente si trovano in provincia di Savona.

Ricordiamo a titolo di curiosità che una estre-ma parrocchia acquese (Altare) è a soli quattordici chilometri dalla sede vescovile di Savona, ma a circa sessanta da quella titolare di Acqui.

Per tutto il medioevo ed i secoli successivi, Acqui mantennne una propria autonomia, pur inserita nei grandi sommovimenti storici di periodi così lunghi e travagliati, diventando una delle città simbolo di cerniera tra Piemonte e Liguria, sia per tradizioni sia per i continui scambi commerciali attraverso vie importanti con Savona, soprattutto, ma anche con Genova, il capoluogo regionale della Liguria.

Con la seconda metà dell’Ottocento, il turismo legato alle acque diventò il suo valore aggiunto e le strutture per lo sfruttamento si imposero nell’urbanistica cittadina, quasi esattamente negli stessi luoghi in cui tanti secoli prima erano attive quelle romane.

Oggi Acqui è una città vivace che, purtroppo, non ha visto valorizzata a sufficienza la sua posizione, a metà tra l’asse viario Savona-Torino e quello Genova-Milano. Nessuna delle sue antiche strade si è evoluta in autostrada e la stessa linea ferroviaria non è certamente tra le più trafficate, nonostante la bellezza ed il fascino dei luoghi che attraversa.

Dal punto di vista amministrativo, Acqui è ancora oggi punto di riferimento per una numerosa serie di piccoli Comuni di cui rappresenta un importante centro di servizi. Proprio per questo, pur avendo meno di ventimila abitanti, mantiene tutte le prerogative di una città. Dal punto di vista religioso, Acqui è, come detto, sede diocesana, ed il suo territorio comunale è suddiviso in sei parrocchie di cui quattro strettamente urbane a cui se ne aggiungono due collinari agli estremi del territorio: a Moirano ed a Lussito, che comprende anche Ovrano.