21. Toponimi del Comune di Ceva

a cura di:

Sebastiano Carrara, Furio Ciciliot, Giammario Odello

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Patrocinio: Città di Ceva, Fondo Storico “Alberto Fiore”

Geografia del territorio comunale di Ceva

Il comune di Ceva è situato in provincia di Cuneo; prossimo ai confini liguri, è attraversato dal fiume Tanaro che in alcuni casi ha allagato la città con piene rovinose, le principali nel 1331, 1584, 1610, 1744 e l’ultima nel 1994.

E’ posta all’imbocco dell’alta val Tanaro in una conca racchiusa fra le degradanti alture dell’Appennino Ligure, delle Alpi e della bas-sa Langa e si estende sulla piana fino ai confini con Lesegno. Ceva ha sempre svolto la funzione di cittadina di fondovalle ove erano dispensati i servizi alle comunità del territorio circostante, costituite da circa venticinquemila persone.

Il comune di Ceva ha una estensione di 42,96 Km2 con 5.866 abitanti (31/12/12); dal 1928 ha inglobato il territorio del soppresso comune di Malpotremo; confina a nord con i comuni di Castellino Tanaro, Roascio e Paroldo; a est con Sale San Giovanni, Sale delle Langhe, Priero; a sud con Perlo, Nucetto e Battifollo; ad ovest con Scagnello, Mombasiglio, Lesegno.

La città è costituita da un nucleo medievale, racchiuso fra il fiume Tanaro ed il torrente Cevetta, suddiviso in due borghi storici: la Piazza e il Borgo sottano, posti a 376 m sul livello del mare. Sul rilievo fra i due borghi è situata l’a-rea dell’antica cittadella con i suoi castelli. Sul-la sponda sinistra si trova il borgo della Torretta, anch’esso antico. Le frazioni principali sono: le Mollere, i Poggi (San Siro e Santo Spirito) e Malpotremo.

Sull’altura che si erge con una ripida parete  al-la destra del torrente Cevetta, era situata la fortezza “reale” che per 270 anni sorvegliò e difese i confini dello stato di casa Savoia da sud.

Ceva detiene da sempre una vocazione commerciale, riscontrabile nella fila di botteghe allineate ai bordi delle strade del centro storico ed ora nei centri commerciali della periferia. Caserme, ospedale, scalo ferroviario, mercati, scuole, uffici pubblici, professionisti ed associazioni hanno rappresentato le fonti principali dell’economia locale.

Fino al secolo scorso, non secondaria nell’apporto economico fu l’agricoltura con prodotti principali quali l’allevamento bovino (razza piemontese) e la coltivazione della vite per vinificazione. Persino Giovanni Pascoli decantò la qualità del vino cevese Ciapin  nella sua ode all’eroe cittadino Giuseppe Galliano.

Più modeste risultano le produzioni di cereali e frutta. Anche la sericoltura era molto sviluppata fino al Novecento e di conseguenza il territorio circostante si presentava ricoperto di prati e vigne con notevole presenza di piante di gelso.

In genere, sulla sommità dei rilievi più elevati, si estendevano boschi di castagno. A parte le eccezioni temporanee dovute alla presenza di una fabbrica meccanica (Piaggio) e di alcune filande, l’industria non è mai stata elemento di primo piano dell’economia cittadina.

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Città di Ceva, La città di Ceva nel Piamonte 1638? (foto Ivo Chiappello)

 Evoluzione storica ed amministrativa del territorio di Ceva

I presunti riferimenti relativi a Ceva in epoca romana sono basati su due passi controversi, rispettivamente di Plinio e Columella (entrambi del I secolo d.C.), che riguardano produzioni casearie o una razza bovina.

La prima fonte scritta medievale risale al 1064; si tratta della cessione all’abbazia di Santa Maria di Pinerolo di un manso (struttura insediativa e produttiva) ubicato intra villa Cevam, comprendente mulini, batenderi ed una cappella dedicata a Sant’Andrea.

A partire dalla metà del XII secolo, il marchesato di Ceva, di derivazione aleramica, progressivamente si ampliò fino a comprendere oltre quaranta fra castelli e borghi. In quel periodo di espansione entrò anche in contrasto politico con Monteregale (attuale Mondovì) e furono inevitabili una serie di alleanze politico – commerciali con i comuni di Asti, di Alba ed i loro vescovi. Da fonti liguri dell’epoca, conosciamo inoltre numerosi cevesi che risiedono a Savona e Genova.

I tradizionali rapporti con Asti furono, dopo alterne vicende, definitivamente sanciti nel 1295 con l’infeudazione della città da parte del comune di Asti, a cui si era rivolto l’allora marchese Giorgio II il Nano.

Successive vertenze dinastiche causarono una progressiva frammentazione del territorio che, pur mantenendo il legame con Asti, subì anche le interessate attenzioni dei Visconti che condussero una prima invasione del marchesato alla metà del XIV secolo.

I primi statuti cevesi risalgono al 1357, dopo il periodo milanese. La città di Ceva, stretta tra i più potenti Savoia e Monferrato, finì sotto l’influenza degli Orléans nel 1386.

Visto il loro moltiplicarsi, i discendenti dei marchesi dovettero nel 1408 organizzarsi in capitaneato che prevedeva l’alternarsi al governo del territorio, ogni sei mesi, di due capitani scelti tra i marchesi stessi.

Nel 1414 i Savoia invasero il marchesato distruggendo diversi castelli tra cui quello di Ceva, cittadina che nel frattempo era cresciuta per importanza, s’era dotata di mura e torri a difesa, di ponti sui fiumi ed aveva istituito una propria zecca.

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Ceva nel 2014 (foto Giammario Odello)

A partire dal 1531, Ceva fu in pratica inserita nel ducato di Savoia e ne divenne importante piazzaforte a guardia delle comunicazioni con il mare. Per questo, nel 1553, si incominciò a realizzare una importante fortezza, ricostruita e ingrandita da Emanuele Filiberto e portata a compimento dal suo successore agli inizi del secolo XVII; in quel periodo ottenne il titolo di città.

L’ingresso nello stato dei Savoia significò anche il cambio della dirigenza, esautorando gli aleramici Ceva, trasferendo città e marchesato al nuovo governatore Giulio Cesare Pallavicino (1547) che fondò una nuova dinastia (Pallavicino di Ceva e di Priola).

Tempi durissimi per la città si ripresentarono durante la guerra con i rivoluzionari francesi iniziata nel 1792 e durata praticamente sino alla fine del periodo napoleonico. Nel 1800 la fortezza fu abbattuta per ordine di Napoleone stesso, dopo essere stata ripresa ai francesi da una rivolta popolare. Al tempo della Restaurazione, Ceva ritornò nel regno di Sardegna in posizione dimessa, in quanto ormai privata del forte ed essendo mutate le vie principali di comunicazione con il mar Ligure, non più lungo l’asse Torino-Savona ma su quello Torino-Genova.

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I confini territoriali attuali del comune di Ceva sembrano risalire quasi completamente ad epo-ca medievale; fu rilevante una controversia con Scagnello, già composta nel 1408, e l’incorporazione del comune di Malpotremo, avvenuta intorno al 1928.

Tra i monumenti, il principale è sicuramente il borgo medievale ancora piuttosto ben conservato; sono ancora in parte da studiare dal punto di vista storico, artistico ed archeologico numerosi monumenti e strutture civili e religiose entro o nei pressi della città, la cui sistematica analisi potrà meglio farci comprendere il suo passato.

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Dal punto di vista amministrativo-religioso, Ceva fece parte della diocesi di Alba fino al 1817, quando entrò in quella di Mondovì. Attualmente è divisa in cinque parrocchie, tante quante sono le frazioni principali: Maria Vergine Assunta (in città), San Marco (Mollere), San Bartolomeo (Malpotremo), San Siro (Pog-gi San Siro) e Santi Spirito e Antonio (Poggi Santo Spirito).