I più antichi catasti conservati nell’Italia occidentale sono quelli di Chieri (1253). I catasti sono strumenti importanti per l’imposizione fiscale delle proprietà, per questo molte comunità provvidero, a partire almeno dal XIII secolo, a conoscere sistematicamente il patrimonio dei loro appartenenti.

Tra i più antichi catasti della valle Bormida savonese segnaliamo quelli di Osiglia-Bormida (1539) ma ne esistono di poco successivi a Millesimo (1547) e, via via, in quasi tutti gli altri centri principali, fonti preziose e finora scarsamente utilizzate nella ricerca storica. Il problema maggiore rilevato è che si tratta di una descrizione del territorio senza cartine geografiche. Le mappe catastali come le conosciamo oggi compaiono in valle Bormida solamente nella seconda metà del XVIII secolo (Dego, Piana Crixia e Cengio).

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Archivio storico del Comune di Osiglia, Catasto del 1539

(fotografia di Stefano Mallarini)

Il catasto è una fonte importante per la conoscenza del territorio: ci descrive le case, le vie, le coltivazioni e, dal loro valore, possiamo valutare le ricchezze dei vari proprietari. Ci segnala anche le persone stesse, con nome e cognome, dove abitano e – con qualche sforzo in più di comprensione da parte nostra – il loro tenore di vita e le fortune familiari.

Di questo si parlerà nella conferenza intitolata Ordinare il territorio. I catasti della valle Bormida che si terrà venerdì 23 marzo (ore 14.30, via Allende 2, Cairo) nell’ambito del progetto Ab origine 2018, organizzato dall‘Istituto Scolastico Superiore Federico Patetta di Cairo Montenotte, in collaborazione con Società Savonese di Storia Patria e Istituto Internazionale di Studi Liguri – sezione Valbormida.

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