L’ultimo lavoro di Gian Luigi Bruzzone, pubblicato nella nostra Collana di Fonti e Studi, è dedicato allo storico cellasco Nicolò Martino Russo, autore di un lavoro all’epoca innovativo nella storiografia savonese per la sua impostazione e per i materiali che proponeva – 1908, «Su le origini e la costituzione della “Potestatia Varaginis, Cellarum et Arbisolae”. Note critiche e documenti inediti» – ripubblicato nel 2018.

Bruzzone in questo lavoro non si dedica allo storiografo ma all’uomo, testimone maturo e dolente della Seconda Guerra Mondiale («Aspetti di vita quotidiana dopo il secondo conflitto mondiale in un carteggio di Nicolò Martino Russo»).

Molte lettere sono veri e propri reportage di quel periodo, scritte in maniera nitida ed equilibrata: proprio per questo vale la pena di leggerle. Di seguito se ne riporta un brano in cui si descrive la distruzione del promontorio della Crocetta, uno dei luoghi simbolo di Celle.

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«Dalla radio avrai saputo che a Savona hanno bruciato la stazione; a Celle hanno fatto saltare la galleria e la Crocetta: vedessi che disastro! La chiesetta non esiste più, non c’è rimasto che un albero di carrube e della casa della signora Rossi rimane una piccola parte; il giardino è rovinato; le case di fronte sono sparite; il castello Testa è in parte rovinato e dovrà essere abbattuto e le altre case hanno subito gravi danni: vetri, porte, tetti danneggiati; milioni di danni.

Qui da me ho avuto quattro vetri rotti; dal colono cinque vetri. Pensa che io il giorno prima dello scoppio avevo già aperto la finestra del poggiolo, poi mi pentii. Si parlava dell’arrivo dei patrioti, si diceva che il comando tedesco aveva promesso di non fare saltare la galleria, quindi io al mattino alle sei quando sentii tutta la gente del paese che veniva verso Sanda non pensai più alla Crocetta, ma ai patrioti, così non mi alzai neppure a vedere che cosa significava quel brusio e chiaccherio, così anche nella mia camera caddero in frantumi due vetri: in paragone il danno non è stato eccessivo, ma nel paese e nelle palazzine più sù della Crocetta e ai Piani vi sono delle centinaia di migliaia di danni.

Anche i vetri della parrocchia sono tutti andati in frantumi. Ora si sta riattivando la strada, ma ci vogliono dei mesi, prima che si possa far passare il treno. Per fortuna sono venuti gli americani: appena arrivarono si misero a ridere vedendo i nostri lavorare con badili, picconi e carette: essi erano appena una ventina, ma portarono delle macchine e in un giorno e mezzo fecero una strada sulla quale potevano già passare i loro camion, mentre noi eravamo rassegnati ad attendere parecchi mesi e a fare il giro su in collina» (16 maggio 1945, Nicolò Martino Russo ai familiari).

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